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Il termine osteria viene da 'oste', dall'antico francese oste, ostesse, che a sua volta deriva dal latino hospes. Una delle prime attestazioni del termine hostaria si trova nei capitolari della magistratura dei "Signori di Notte", che, come suggerito dal nome, vegliava sulla tranquillità notturna della Venezia del XIII secolo. L'etimologia della denominazione attuale richiama la funzione del luogo che è appunto quella dell'ospitalità. Le osterie sorsero, come punti di ristoro, nei luoghi di passaggio o in quelli di commercio che nella fattispecie sono strade, incroci, piazze e mercati. Ben presto divennero anche luoghi d'incontro e di ritrovo, di relazioni sociali. Gli edifici, spesso poveri e dimessi, assumevano importanza in base al luogo dove sorgevano e alla vita che vi si alimentava. Il vino alla mescita era l'elemento immancabile, con servizio di trattoria.

"La cultura è soprattutto la capacità di costruire innovazione e comunicare sensazioni capaci di migliorare il nostro modo di rapportarci con il mondo e con noi stessi, a partire dalla nostra identità e dal nostro territorio”

La cultura del cibo e del vino esprime l’evento culturale in un segmento molto particolare delle attività umane, spesso trascurato perché più quotidiano e più soggetto agli attacchi della banalità. E’ invece importantissimo, perché diventa il primo e obbligato approccio con il territorio stesso e con le nostre radici, delle quali deve trasmettere lo spirito profondo, la storia e nello stesso tempo la capacità di guardare avanti. Da qui la cultura del cibo e del vino diventa anche un fatto economico, perché valorizza quell’economia dell’ospitalità che rappresenta uno dei primati del nostro Paese.