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News › De.Co. la denominazione comunale

De.Co. la Denominazione Comunale

"la carta d'identità del sindaco"  

Le De.Co. denominazioni comunali non sono marchi non rappresentano tutele, e men che meno delle vie brevi rispetto alle denominazioni europee riconosciute. Le De.Co. sono semplici atti notarili o, meglio, delibere di un’amministrazione comunale che registra un dato di fatto: un prodotto, un piatto, un sapere, con i quali una Comunità si identifica. Sono dunque un atto politico, che fissa un valore, una carta di identità che il sindaco rilascia dopo aver censito un passato, un presente, e ipotizzato uno sviluppo futuro.

Qual è dunque il valore di una De.Co.?

Quello di fissare, in un dato momento storico, ciò che identifica quel Comune. A memoria futura, oppure come occasione del presente per cogliere un’opportunità di marketing territoriale.

TRE FILONI DELLA De.Co.

Detto questo ci preme sottolineare i tre filoni principali della denominazione comunale, compresi quelli secondari, forieri di ulteriori sviluppi.

:: Primo gruppo

La De.Co. su un PRODOTTO TIPICO.

E’ il caso di un prodotto agricolo coltivato in quel territorio, adattatosi nel tempo e conservato, come coltura, dagli abitanti di un paese. E’ questo il caso della Mela grigia di Torriana, della cipolla rossa di Breme, dell’asparago di Cilavegna, del pomodoro cuore di bue di Belmonte Calabro, della pesca limonina di Asti, della cipolla borettana di Boretto, dell’albicocca puntinata della Valeggia di Quiliano.

La De.Co. su UN PRODOTTO DELL’ARTIGIANATO ALIMENTARE.

E’ il caso di un prodotto dell’artigianato alimentare locale, che rappresenta un valore identitario delle  famiglie di un paese. Lo sono gli amaretti di Mombaruzzo, lo sono gli amaretti di Gallarate, il cioccolato di Modica, il pane di Visso, la michetta di Dolceacqua, il panettone di Milano oppure la Pizza di Tramonti.

La De.Co. su UN PRODOTTO DELL’ARTIGIANATO.

Si tratta di un sapere che ha sviluppato un artigianato locale. Ad esempio i fischietti di Rutigliano o i Camparot di Lu Monferrato. Tutti questi esempi di De.Co. hanno una caratteristica: possono rappresentare il fulcro di attività commerciali. Quindi la loro crescita di notorietà può richiedere forme di tutela che possono sfociare nella creazione di un’Associazione di produttori, in un Consorzio e nell’avvio di una richiesta di denominazioni riconosciute dall’Unione Europea come la Dop o l’Igp, percorso che ad esempio sta interessando il cioccolato di Modica o il panettone di Milano. In assenza di questi riconoscimenti che richiedono un iter complesso, è possibile registrare un “marchio collettivo territoriale”, come è accaduto per l’Amaretto di Mombaruzzo. Ma questi sono momenti dove il Comune non può entrare, mentre vi entrano i singoli produttori.

:: Secondo gruppo:

La De.Co su una ricetta

Questo tipo di De.Co. rappresenta il livello meno commerciale e più culturale. E solitamente è legato ad una tradizione, che a sua volta ha prodotto una sagra, codificando la storia e l’esistenza di un piatto. E’ il tipo di De.Co. che ultimamente sta trovando più consensi, e che meglio esprime il concetto identitario che menzionavamo prima. Ecco alcuni esempi. A Milano, il Comune ha deliberato la De.Co. in due tornate per il risotto giallo, i mondeghili, i rustin negàa. Quindi i Subrich di Masio, il Turtun di Castelvittorio, la torta amara della Vallera, la torta Paciarela di Gessate, gli agnolotti gobbi di Asti, la bistecca Madama la Piemonteisa di Savigliano, i tortelli con la coda di Vigolzone, la Seupa a la Vapelenentse di Valpelline.

La De.Co. su una festa

Si tratta di momenti legati alla tradizione di un piatto o di un prodotto, che rimangono un momento di aggregazione popolare di una data Comunità, con una certa storicità. Esempio di questo gruppo è sicuramente la De.Co. sulla Fiera del Bue grasso di Moncalvo (At).

Le De.co. su un sapere

Sono denominazioni riferite ad una pratica in uso in un determinato Comune come può essere una tecnica di pesca, di coltivazione, di artigianato. Ad esempio i muretti a secco di Arnasco (Sv) o gli infernot di Frassinello Monferrato (Al).

La De. Co. su un terreno.

E’ il caso, assai diffuso, delle De.Co. sulle tartufaie, che di fatto tutelano (vedi esempio del tartufo nero di Montemale) un territorio vocato alla crescita e raccolta di una particolare specie di tartufo.

:: Terzo Gruppo:

Le De.Co. Multiple

Il terzo filone delle De.Co, riguarda situazioni multiple o aggregate, come ad esempio la De.Co. sulla pasticceria alessandrina, che si situa a ombrello sui due tipi di De.Co, precedenti, oppure un esempio su scala provinciale, come il Paniere dei prodotti della provincia di Torino o il Paniere delle De.Co. della provincia di Vicenza. Ma attenzione, mentre il caso del Paniere è un eventuale aggregazione di De.Co. comunali (pochissimi dei 30 prodotti hanno la De.Co.), le aggregazioni all’interno di un Comune che intendiamo noi partono da una storia, come il sapere diffuso ed emulato sulla pasticceria alessandrina. E’ un discorso ben diverso dal Comune che fa più De.Co., a volte con un principio solo quantitativo e non di sostenibilità qualitative e quindi promozionale. Con questa disamina, crediamo di aver rappresentato tutti i casi che possono essere compresi nell’adozione di una De.Co. denominazione comunale.

IL FUTURO CHE CI ASPETTA

Quello che dunque presentiamo è il frutto di anni di confronto, e di un percorso sostenibile per giungere con serenità a porre, in ogni Comune d’Italia, un fatto semplice: una delibera, che suona come un flatus vocis da cui può partire un modo più consono per il nostro Paese di affrontare la globalizzazione. Si chiama identità.

Per garantire la sostenibilità di una De.Co. occorrono tuttavia due principi. La storicità di una De.Co. perchè si eviti anche qui improvvisazioni che possono nascere da meri interessi commerciali. La De.Co. come espressione di un patrimonio collettivo e non a vantaggio di una singola azienda.

Il vademecum per le denominazioni comunali

Quando abbiamo parlato di De.Co. ci siamo sempre riferiti a un atto del sindaco e dell'amministrazione comunale. Per questioni di chiarezza suggeriamo di suddividere il percorso che conduce all’attribuzione della De.Co in due delibere distinte. Avremo quindi:

- una prima delibera che segna l’istituzione di un registro delle De.Co (l'adozione della De.Co. da parte del Comune) e segue lo schema di modello di legge promosso dall’Anci. Per renderlo tuttavia presumibilmente compatibile con la normativa europea e quindi sostenibile, è stato però necessario apporre alcune modifiche di carattere procedurale e terminologico;

- una seconda delibera in cui si attua l’iscrizione di un determinato prodotto al Registro delle De.Co e a cui è necessario allegare un Regolamento dove sono tracciate le caratteristiche dell’oggetto in esame.

:: La Prima delibera

Il primo passo da muoversi in sede municipale è l’assunzione del regolamento delle De.Co con una semplice delibera, con cui viene approvato il Regolamento proposto dall'Anci cui sono state apportate alcune modifiche al testo originario così da renderlo compatibile con l’articolo 28 e l’articolo 30 del Trattato di Roma che impediscono a un ente territoriale di attribuire un riconoscimento qualitativo a un prodotto legandolo a un’origine geografica. Quello che emerge dal regolamento promosso dall’ANCI da noi riveduto, è la tendenza a riportare la De.Co al suo spirito di censimento della ricchezza e di strumento di marketing territoriale. Per questo motivo il primo articolo che istituisce la denominazione comunale vera e propria, parla genericamente di “individuare originali e caratteristiche produzioni agroalimentari e loro tradizionali lavorazioni e confezioni ... meritevoli di evidenza pubblica”, con la connessa opera di promozione e valorizzazione. Come si può notare la De.Co. si applica nello specifico a produzioni agro alimentari, ma la legge a cui si fa riferimento parla di tradizioni, cognizioni ed esperienze relative a questo genere di attività. Questo permette di allargare il campo a prodotti particolari di artigianato locale strettamente legati alle tradizioni agro alimentari e alla civiltà contadina, come già avvenuto in casi clamorosi come quello dei fischietti di Rutigliano. Fatto salvo questa particolare accezione, la De.Co è soprattutto indirizzata al prodotto di per sè, che deve essere valorizzato per una inconfutabile valenza identitaria. Proprio per questo, grande spazio viene dato alle feste che vedono nel prodotto De.Co il loro elemento fondante (art. 2). Il prodotto viene detto a Denominazione Comunale quando con un’apposita delibera viene iscritto nel registro che si va a istituire. Gli articoli 3, 4 e 5 hanno proprio la funzione di descrivere il particolare meccanismo che prevede l’istituzione di un apposito registro e la composizione di una commissione atta a definire le caratteristiche dei prodotti De.Co. Il resto del regolamento tende invece a definire i compiti precipui del Comune nell’attività di valorizzazione e marketing a cui è preposto, dallo sviluppo di una biblioteca specifica, con la raccolta di un’adeguata documentazione, allo sviluppo di particolare iniziative di promozione, dalla proposta di manifestazione ed eventi dedicati fino alla progettazione di un’adeguata veste grafica per la presentazione del prodotto.

Richiedi l'esempio di prima delibera a esperto@denominazionicomunali.it

:: La Seconda delibera

Questo rappresenta il momento più importante per la denominazione comunale, perchè a questo livello vengono definite le caratteristiche peculiari del prodotto. La seconda delibera, che segue di fatto l'adozione della De.Co. quindi la volontà del Comune a perseguire questa metodologia, prevede appunto l’adozione di un regolamento in cui vengono tracciati i confini in cui si iscrive il prodotto a denominazione comunale. La delibera consiste quindi nell’approvazione di un regolamento dove vengono definiti con chiarezza i caratteri del prodotto, in particolar modo se questo è un prodotto non trasformato, oppure le varie fasi della trasformazione se questo è un prodotto artigianale, come un prodotto da forno che ne rappresenta la maggior parte dei casi, o una ricetta. Ma in ogni caso non si tratta di un disciplinare di produzione, che riguarda invece altre denominazione. La delibera De.Co. è simile a una carta di identità, che tramite il “registro” delle De.Co. censisce una realtà esistente.

De.Co. denominazione comunale

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