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Quel calo di produzione è una benedizione*

Paolo Massobrio, giornalista, si occupa, da oltre vent'anni, di economia agricola ed enogastronomia. Non è affatto preoccupato del fatto che quest'anno la vendemmia sia stata scarsa e che perderemo il primato conquistato l'anno scorso sulla Francia. «Era ridicolo leggere, fino a poco tempo fa, che festeggiavamo perché eravamo il primo produttore al mondo. Chi lo beve tutto quel vino oggi? Il vino non è più considerato un alimento, come nel passato, e i consumi sono calati sistematicamente, nel nostro paese, di anno in anno. C'è spazio solo per un vino di qualità al prezzo giusto. È la legge del mercato: tanto vino uguale uve pagate a poco prezzo, uguale distorsioni di mercato, uguale costi non più sostenibili. Meno vino uguale uve al giusto prezzo e anche un mercato lineare. Quest'anno la vendemmia è stata anticipata, per cui avremo dei vini fruttati e di buona alcolicità». Insomma, una generale buona qualità a fronte di un calo produttivo può essere considerata «una benedizione».

I dati dicono che, a fronte di un mercato interno fermo, continuiamo, invece, ad avere numeri positivi sulle esportazioni. Alcuni osservatori, però, imputano ai produttori italiani una certa incapacità a fare sistema, come, invece, i francesi. È il mercato, non ci possiamo fare nulla. I nostri produttori comunque hanno imparato a fare sistema rispetto a vent'anni fa, ma ancora non sanno bene come e con cosa identificare l'Italia. Se parli della Francia all'estero, ad esempio, hai tre riferimenti:

Champagne, Bordeaux e Borgogna. In Italia questo non esiste, anche se il successo dell'Asti spumante e del Prosecco comincia a delineare un percorso che non è quello che piace ai grandi produttori, perché noi abbiamo anche i "grandi" rossi come il Ba­rolo, l'Amarone, il Brunello di Montalcino. Come comunicarlo? Nessuno ha mai messo in essere una strategia, eppure il Made in Italy della nostra enogastronomia è vissuto come un mito.

Dopo un boom di aziende vinicole, oggi i numeri ci dicono che stanno diminuendo. E in Italia, di anno in anno, diminuisce anche il consumo. Perché?

Dal 1990 in poi c'è stato un boom delle aziende di vino e tutti si sono messi a fare vino: il sistema non poteva reggere. Di vino se ne consuma meno perché non più un alimento che sostiene certi lavori (pensate agli occupati in agricoltura, o nell'industria pesante di 30 anni fa) e poi perché l'etilometro, le diete e tutta la spinta salutistica hanno messo in atto processi di moderazione. Però si beve bene, è difficile bere un vino cattivo oggi. Se poi aggiungiamo la crisi economica e tutto ciò che comporta ...

 

* Paolo Massobrio, esperto di eco­nomia agricola e enogastronomia (Pubblicato su TEMPI anno 17 n. 38 settembre 2011)